Privacy&

2020/0

Gianluigi Baroni Luca Saglione

Smart working e controllo dei dipendenti ai tempi del Covid-19

Il modello organizzativo basato sullo smart working si prefigge l’obiettivo di rendere più flessibile la prestazione lavorativa nell’interesse sia del datore di lavoro (per un possibile incremento della produttività dell’azienda ed una diminuzione dei relativi costi complessivi), sia del lavoratore (grazie ad una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro).

Le “minori rigidità” proprie dello smart working in materia di modalità, tempo e luogo di svolgimento della prestazione lavorativa richiedono un’accurata pianificazione ed un monitoraggio attento delle numerose variabili di rischio che possono entrare in gioco.

Tra i tanti temi ai quali occorre fornire una soluzione “smart”, assume una particolare preminenza quello specifico della privacy, in un’ottica di tutela non solo del lavoratore, ma anche e soprattutto dell’impresa, la quale - poiché la prestazione lavorativa si svolge prevalentemente all’esterno dei locali aziendali - tende a rinunciare a parte del suo potere di controllo diretto e diviene soggetto maggiormente vulnerabile, anche ad attacchi di soggetti esterni e terzi.

A fronte di tali esigenze, il legislatore italiano, nell’introdurre la disciplina dello smart working con la Legge n. 81/2017, si è mosso mantenendo un approccio “tradizionale” ai temi della privacy e del controllo a distanza dei dipendenti; solo con la normativa emergenziale COVID-19 sono state previste alcune innovazioni che potrebbero costituire le basi per un più articolato (e in parte evoluto) approccio alla problematica.

Tuttavia, la normativa emergenziale se, da un lato, ha consentito allo smart working di assurgere ad un ruolo fondamentale per ridurre l’impatto economico sulle aziende e sugli spostamenti dei lavoratori, dall’altro ha trovato impreparati molti datori di lavoro, che non avevano predisposto un piano aziendale per implementare il lavoro agile nella propria organizzazione.

In questo scenario, lo smart working può contribuire a un complessivo ripensamento delle categorie fondamentali del diritto del lavoro ed al possibile affermarsi di una nuova forma di “subordinazione a distanza”, caratterizzata dal progressivo allentamento del legame spaziale e temporale della prestazione e dallo sviluppo di metodologie di controllo basate su metriche di misurazione del valore e delle competenze.

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