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2020/3

Chiara Giannella Luca Spada

Dati giudiziari e GDPR: un’impasse (ancora) in attesa di soluzione

A distanza di un biennio dall’emissione del Decreto Legislativo 10 agosto 2018, n. 101 di adeguamento della normativa italiana in materia di protezione dei dati personali ai dettami del Regolamento (UE) 2016/679 , la questione relativa alla possibilità o meno di trattare le informazioni di cui all’articolo 10, GDPR, rimane tutt’ora pressoché irrisolta, disturbando il sonno di titolari, DPO e consulenti. Alla prolungata attesa di un Decreto ministeriale che ancora tarda a fare la sua comparsa sulla scena, si accompagna infatti la quasi completa assenza di suggerimenti, linee guida o prese di posizioni “ufficiali”, con il risultato che sono molteplici i titolari che oggi scontano le conseguenze negative derivanti dall’assenza di chiarezza e di soluzioni sicuramente conformi alla normativa applicabile che siano al contempo funzionali alla soddisfazione degli interessi aziendali. Dinnanzi a quello che, nei fatti, si presenta in buona sostanza come un divieto generalizzato al trattamento di dati giudiziari, gli autori hanno proposto una definizione ben precisa del perimetro oggetto di una così stringente tutela e indagato a fondo tra provvedimenti e prese di posizione Garante per la protezione dei dati personali e tra le maglie della normativa dedicata a specifici settori, ambiti o attività, alla ricerca di possibili indizi lasciati sul campo (più o meno di proposito), spunti e spiragli, che aiutino a comprendere, da un lato, se vi siano ipotesi in cui sia possibile già ora processare dati personali relativi a condanne penali e reati e, dall’altro, quali potrebbero essere eventuali accorgimenti alternativi o soluzioni pratiche da adottare medio tempore come “vie d’uscita” dall’attuale situazione di stallo per quei casi in cui risultasse al contrario impedito il trattamento di tali informazioni.

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