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2020/4

Gianluigi Baroni Luca Saglione

Licenziare con un algoritmo? Una riflessione tra GDPR e normativa del lavoro

La possibilità dei big data di essere combinati e posti in relazione tra di loro, diventando così delle variabili che possono condurre a potenziali infiniti risultati, genera indubbie potenzialità in ambito HR, quali, ad esempio, processi decisionali più rapidi e superamento di valutazioni soggettive o arbitrarie. Tuttavia, l’utilizzo di algoritmi sempre più complessi e il ricorso crescente a decisioni automatizzate destano anche profili di incertezza e preoccupazione, in particolar modo quando possono entrare in gioco diritti fondamentali della persona. Interessanti spunti de iure condendo sull’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro si possono rinvenire nel ricorso contro Uber BV depositato presso la Corte Distrettuale di Amsterdam il 26 ottobre 2020 da quattro drivers “licenziati” tramite disattivazione dell’account, ad esito di un processo di valutazione automatizzato effettuato da un software di intelligenza artificiale sviluppato ed utilizzato dalla società. In particolare, i ricorrenti hanno adito la Corte in qualità di soggetti conferenti i propri “dati personali” ai sensi dell’art. 4 par. 1 Regolamento UE 2016/679, lamentando l’avvenuta violazione dell’art. 22 del Regolamento medesimo (in base al quale “l'interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona”). Un’impostazione difensiva di questo tipo è al momento residuale nel contesto normativo italiano ed europeo in generale, nei quali il diritto positivo fornisce in ambito giuslavorististico strumenti ad hoc per contestare le modalità del controllo datoriale da remoto e per impugnare i licenziamenti; non a caso, la vertenza di cui trattasi è relativa a rapporti di lavoro della “gig economy”, che negli ultimi anni rappresenta – essendo un contesto nel quale le tradizionali garanzie previste a favore del rapporto di lavoro subordinato trovano un riconoscimento parziale limitato -  la “terra di frontiera” nella quale testare nuovi modelli di regolamentazione del rapporto di lavoro.#In un contesto produttivo caratterizzata da livelli crescenti di automazione tecnologica, sono in ogni caso in d’ora possibili alcune riflessioni su possibili linee di intervento, sia sotto il profilo legato alla filosofia delle scelte tecnologiche sia sotto quello strettamente normativo. Non si può, infatti, prescindere dalla constatazione che gli algoritmi, per quanto complessi, sono ragionamenti umani strutturati come flusso logico di operazioni e controlli: sono, dunque, partoriti dalla mente umana e questo comporta interpretazioni, errori e “discriminazione algoritmica” di chi progetta il software.

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