Privacy&

2020/4

Andrea Fedi Lucio Scudiero Alessandro Amoroso

Privacy e ricerca scientifica medica, biomedica e epidemiologica: i numerosi problemi posti dalla normativa vigente e il restrittivo approccio del legislatore italiano

I  big data  stanno profondamente modificando la metodologia della ricerca scientifica introducendo l’utilizzo di nuove forme di raccolta e analisi di informazioni con caratteri completamente inediti. Attraverso i  big data  la ricerca scientifica acquista dunque nuove possibilità e prospettive. Innanzitutto, si ha un’inversione del quadro di riferimento in cui non si programma più l’obiettivo della ricerca dall’inizio verificandola poi con i dati sperimentali di  test , ma le ipotesi sono invece formulate a partire dai dati stessi e dalle correlazioni disvelate dalla  data analytics . Oltre a ciò, le caratteristiche di tali dati permettono di avere una quantità di informazioni e una potenzialità di correlazioni delle stesse impensabili in passato. A questa tendenza non sfugge nemmeno la ricerca clinica, sempre più connotata dai caratteri dell’internazionalità, del grande volume di informazioni trattate, della velocità di trattamento, rispetto alla quale l’ordinamento europeo  ha disegnato uno “statuto speciale”  a corsia privilegiata che l’ordinamento nazionale ha invece respinto. Pertanto se da un lato, quello europeo, il trattamento dei dati personali viene ancorato a condizioni di liceità specificamente concepite per la ricerca scientifica, e a deroghe ai principi di limitazione della conservazione e di vincolo di finalità, dall’altro il legislatore italiano ha schiacciato la  compliance  sulla necessità di ottenere un consenso privacy difficilmente conciliabile con i canoni previsti dallo stesso GDPR per il consenso, oltre che su adempimenti informativi di impossibile attuazione (es. ricontattare tutti gli interessati che hanno fornito dati personali, dopo anni, quando quei dati tornano utili in uno studio clinico retrospettivo). Da questo conflitto tra sistemi normativi che il GDPR non è riuscito ad armonizzare scaturisce un quadro giuridico che rischia di compromettere la realizzazione di quello spazio comune della ricerca che è tra gli obiettivi di policy dell’Unione Europea. Un problema di cui si è accorto, di recente, anche lo  European Data Protection Supervisor , che in un parere preliminare sul tema ha invocato un intervento chiarificatore da parte di tutti gli attori istituzionali coinvolti.

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